Isis, nuova follia: distruggere Sfinge e Piramidi
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I terroristi dello Stato islamico sarebbero pronti a distruggere le antiche bellezze egiziane, considerate “idoli” lontani alla fede musulmana.
L‘Isis continua a lanciare suoi violenti attacchi e non si rivolge solo alle persone, ma anche alle opere d’arte e a tutto ciò che, secondo lo Stato Islamico, può in qualche modo entrare in contrasto con la sua religione, o meglio con il suo modo integralista e sanguinoso di interpretarla.
Dopo aver distrutto una parte delle antichissime mura di Ninive, datate al 4750 prima di Cristo, la tomba del profeta Giona a Mosul e, più di recente, antiche e preziose opere d’arte presenti nel museo di Ninive, i jihadisti fedeli al “sedicente” califfo Abu Bakr al-Baghdadi hanno raso al suolo l’anticacittà assira di Nimrud, fondata nel XIII secolo a.C..
L’ennesimo crimine perpetrato verso la storia dell’umanità non ha per niente fermato l’Isis che addirittura ha lanciato via internet una fatwa contro le Piramidi e la Sfinge considerati “idoli” che non rispettano la fede islamica, poiché simboli dei faraoni dell’antico Egitto.
Consentirne la loro esistenza, secondo gli estremisti islamici, vorrebbe dire avallare l’idolatria. Da qui, l’appello a tutti i jiadihisti dell’Isis affinché li distruggano una volta per tutte. Un’idea agghiacciante che ha destato molto scalpore e preoccupazione soprattutto in Egitto.
La fatwa, che nell’ordinamento giuridico islamico è il chiarimento del giudice a un dubbio legislativo, era già stata pronunciata nel 2012 dall’imam Murgan Salem al Gohary. Ora però, dopo le ultime distruzioni perpetrate dall’Isis verso monumenti e reperti di inestimabile valore storico-archeologico, la “sentenza” assume toni più realistici.
Il primo, preoccupato commento arriva da Mustafa Amin, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità: “Chi ha pronunciato la fatwa contro le Piramidi non capisce nulla; la religione ci esorta a prendere esempio da chi ci ha preceduto attraverso l’osservazione di ciò che ci hanno lasciato. La legge egiziana punisce chi intacca i beni archeologici, anche solo con un graffio”. Amin ha poi aggiunto: “Questi reperti sono il punto di contatto diretto tra noi e il passato e la loro esistenza è importante”.